Italia Nostra

Data: 28 Marzo 2018

Sant’Agata di Puglia (FG): “Ecomostro”, ultimo atto

La Cassazione annulla la sentenza di II grado e conferma l’illegittimità dell’edificio, già sancita in I grado con la condanna del costruttore, dei tecnici e abbattimento della struttura residenziale.

La Cassazione mette la parola fine alla annosa battaglia legale combattuta dalle parti civili, l’Associazione Italia Nostra e la Consigliera Comunale di minoranza, Pina Cutolo, esponente storica dell’Associazione in Capitanata, per il cosiddetto “ecomostro” di Sant’Agata di Puglia.

La Suprema Corte, accogliendo i ricorsi della Procura Generale e della parte civile, assistita dall’Avv. Michele Laforgia, ha annullato (con sentenza n. 3142/17) la sentenza di assoluzione del costruttore, Savino Montanarella, pronunciata il 26 luglio 2016 dalla Corte d’Appello di Bari, che aveva ribaltato la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Foggia nel 2014 con conseguente dissequestro dell’edificio (sequestrato dal 2011 in poi).

All’esito del giudizio di primo grado, il G.U.P. presso il Tribunale di Foggia, Dott.ssa Elena Carusillo, dopo aver disposto perizia, i cui esiti avevano confermato le consulenze (urbanistica e geologica) disposte dal P.M. confermando gli illeciti ipotizzati, aveva ritenuto il costruttore Savino Montanarella colpevole di tutti i reati ascrittigli e lo aveva condannato alla pena di un anno di reclusione, ordinato l’abbattimento dell’edificio, riconosciuto il diritto al risarcimento del danno alle parti civili, l’Associazione Nazionale Italia Nostra  e la Consigliera Comunale di minoranza, Pina Cutolo, costituitasi in giudizio in sostituzione degli amministratori comunali dell’epoca (2011), essendo riconosciuto il Comune come parte lesa. Lo stesso ordine di demolizione è stato poi decretato nel giudizio celebrato con rito ordinario (tutt’ora pendente in appello).

La Corte d’Appello, invero, aveva accolto la richiesta dell’imputato di rinnovare la perizia svolta in primo grado, affidando l’incarico all’Ing. Giuseppe Gorgoglione, le cui conclusioni determinarono i giudici a pronunciare la sentenza di assoluzione e il dissequestro dell’opera.

La Suprema Corte, con sentenza definitiva, ha decretato l’illegittimità dell’edificio, frutto di atti autorizzativi illegittimi poiché contrari alle norme tecniche per altezze, volumetrie e numero di piani, e affetti da numerosi vizi procedurali, pur dando atto della intervenuta prescrizione. Alla parte civile viene riconosciuto il diritto di chiedere il risarcimento dei danni e delle spese legali in sede civile.

Per comprendere la singolare questione giudiziaria, è tuttavia necessario ripercorrere la lunga e complicata vicenda, che trae origine dall’esposto presentato nel lontano agosto 2009 dalla Prof.ssa Cutolo, la quale segnalava presunte ‘anomalie’ relative ai provvedimenti autorizzativi rilasciati dal Comune di Sant’Agata di Puglia ed, in particolare, alla realizzazione – nel corpo di fabbrica a monte – di un sottotetto, mediante l’innalzamento delle coperture, con conseguente aumento delle altezza e dei volumi realizzati, il tutto in difformità del progetto autorizzato dall’Ufficio Tecnico nel 2003 e in assenza del nulla osta dei Vigili del Fuoco e dell’Autorità di Bacino.

Le perplessità nascevano dal fatto che l’edificio, situato nel piccolo centro urbano dal caratteristico impianto medievale che gli è valso il riconoscimento della Bandiera Arancione, con le sue notevoli altezze e volumetrie ha generato, a unanime giudizio degli ambientalisti, ma anche dei periti del Tribunale di Foggia e dei giudici di primo grado, e oggi anche della Suprema Corte, un significativo impatto sull’ambiente circostante, modificando irrimediabilmente il prospetto della cittadina dei Monti Dauni situata su uno scosceso pendio a circa 800 m di altezza; in più ricade in una zona classificata dal Piano di Assetto Idrogeologico, come “area a pericolosità geomorfologica elevata” (PG2), lambita ed in parte attraversata da “area a pericolosità geomorfologica molto elevata” (PG3).

Come è facile immaginare, la vicenda ha causato profonde lacerazioni nel tessuto sociale del piccolo centro di S. Agata, diviso tra chi sosteneva che l’illecito doveva essere denunciato per la sua estrema gravità e chi, invece, facendosi facile paladino degli acquirenti danneggiati (tra i quali si annoverano anche due degli attuali amministratori, uno è addirittura vicesindaco), ha strumentalizzato gli esiti processuali, scagliando la comunità contro chi aveva sollevato il problema spinto dall’intento di ripristinare la legalità e difendere il bene comune, incurante del danno causato agli acquirenti.

Con uno paradossale ribaltamento dei ruoli, quindi, chi denuncia diventa l’imputato agli occhi della comunità che lo addita come spia e nemico della povera gente che ha investito denaro in quell’edificio e ha subito danni enormi a causa della cattiveria di qualcuno che doveva farsi i fatti propri.

In sostanza, l’abuso edilizio oggi conclamato, non sarebbe mai emerso se l’esponente dell’Associazione Italia Nostra non avesse deciso di vederci chiaro quando, appena eletta, constatò che la costruzione cresceva in altezza e non era conforme al progetto autorizzato dal permesso di costruire rilasciato dall’Ufficio Tecnico Comunale, permesso dichiarato illegittimo dalla sentenza della Cassazione, come tutti gli atti successivi.

Ne consegue che può accadere che costruzioni apparentemente in regola perché dotate dei necessari permessi, ad una disamina sollecitata da una denuncia possono risultare abusive; ma da quando parte la denuncia e poi le indagini e il processo, i tempi per pervenire ad una sentenza definitiva di III grado sono talmente lunghi che i reati vanno in prescrizione, gli acquirenti vanno ad abitare e diventa difficile e anche doloroso abbattere.

Si potrebbe affermare che questo tipo di abuso perpetrato grazie ad atti apparentemente regolari, può risultare più invasivo e pernicioso di quello frutto di arbitrarie iniziative individuali, spesso cumulative ed estese sul territorio, perché strisciante e difficile da smascherare in quanto si avvale della connivenza di esecutori privati e dirigenti pubblici  preposti al rilascio dei permessi o pronti a coprire l’eventuale assenza dei permessi di altri organi di controllo (Autorità di Bacino, Vigili del fuoco, ecc.).

In questo inquietante scenario in cui chi solleva il velo su affari opachi viene esposto a un linciaggio morale insopportabile da parte della comunità, manipolata proprio dagli artefici degli abusi e viene indotto a desistere con messaggi palesemente intimidatori, risulta davvero difficile far passare il messaggio che la legalità prevale sull’interesse privato, oltre al fatto che l’edificio potrebbe non essere sicuro sul piano statico nel caso in cui il rischio idrogeologico dovesse congiungersi con quello sismico (siamo in zona ad alto rischio sismico e idrogeologico), come attestato dalla perizia geologica del consulente incaricato dal PM.

Pina Cutolo – Consigliera sezione di Foggia

Gazzetta del Mezzogiorno 22 marzo 2018

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