Le campagne

Data: 24 Novembre 2022

Segnalazione per la Lista Rossa: Acquedotto Mediceo di Asciano

Questa importante opera idraulica si deve all’idea del Granduca di Toscana Cosimo I dei Medici (1519-1574) di portare l’ottima acqua che sgorgava dalle fonti di Asciano, piccolo borgo alle pendici dei Monti Pisani, fino alla città di Pisa, dove invece l’acqua era malsana, perché prelevata da pozzi scavati in un terreno paludoso dove ristagnava e tendeva a divenire salmastra, portando malattie, deperimenti fisici ed epidemie tra la popolazione. La costruzione dell’opera fu travagliata e coinvolse tre Granduchi. Il progetto iniziale di Cosimo I era quello di costruire un semplice e poco costoso acquedotto sotterraneo, ma l’opera non fu portata a termine, per impreviste difficoltà tecniche del terreno particolarmente instabile e paludoso e la morte dello stesso granduca. Nel 1588 il Granduca Ferdinando I (1549-1609) continuò negli intenti del padre Cosimo I, optando per una soluzione funzionale dell’antica Roma, la condotta sopraelevata su archi. Per la direzione della Fabbrica delle Fonti fu incaricato l’architetto Raffaello Zanobi di Pagno, il quale intraprese la costruzione delle fondazioni dei pilastri, le cui basi furono gettate nel 1592, ma fu costretto a lasciare l’impresa per problemi di salute. Gli successe il nipote, l’ingegnere Andrea Sandrini che dovette fare alcune modifiche per ovviare a delle errate pendenze, con conseguenti ristagni nella condotta. Nel 1613 l’opera fu ultimata, dopo appena 21 anni, sotto il Granduca Cosimo II. Il costo notevole, più di 16.000 ducati, venne finanziato con i proventi derivanti dalle tasse sul sale, dalla vendita del legname dei pini, nonché da imposte e provvigioni varie. Si economizzò anche sul materiale di costruzione, riutilizzando il pietrame e i laterizi di numerosi castelli e palazzi diroccati dell’area pisana. I contemporanei celebrarono l’Acquedotto come una delle imprese più meritorie e grandiose dei Medici, il medico e filosofo Girolamo Mercuriale (1530-1606) si spinse a definirla un’opera “quasi divina”. L’Acquedotto Mediceo rappresentò, per la sua epoca, un’opera idraulica tra le più ambiziose mai realizzate in Europa.

LE CARATTERISTICHE DELL’OPERA

L’opera parte dal sistema di convogliamento idrico, una serie di bottini di presa e di raccolta, sparsi per la Valle delle fonti di Asciano, i quali tramite condotte sotterranee fanno confluire l’acqua fino al Cisternone, con al suo interno una grande vasca di raccolta. Con un sistema a saracinesca veniva lasciata passare solo la quantità d’acqua necessaria, da incanalare verso l’acquedotto e le sue fonti. La condotta sopraelevata è composta da più di 954 archi equidistanti e decrescenti, appoggiati su basi di fondazione costituiti da pini conficcati nel terreno (circa 1.000) che sostengono pilastri in muratura edificati senza intonaco con pietre, pietrame e laterizi. Sopra gli archi fu fatta una muratura mista, a fasce alternate, con ricorso anche a mattoni. Al di sopra di essi fu murata una canaletta di terra cotta, a cui fu sovrapposta una spessa lastra di pietra per evitare il riscaldamento dell’acqua da parte del sole e impedire l’introduzione di sporcizia. L’acquedotto, con una lunghezza di 6 km ed un’altezza che non supera i 7 mt., arriva fino alle mura di Pisa nell’odierna piazza delle Gondole, all’altezza della Porta di Santa Marta, passando da alcuni bottini per il controllo del flusso.

IL “CONDOTTO DELLA RELIGIONE” E LE FONTANE DI PISA

Dal termine dell’Acquedotto, tramite tubature sotterranee, l’acqua veniva distribuita attraverso le fonti, localizzate in varie zone inizialmente tutte nel settore Nord della città, ed era denominato “Condotto delle fonti dei Cavalieri di Santo Stefano (o “Condotto della Religione”). Infatti approvvigionava l’acqua principalmente alle strutture del Sacro militare Ordine stefaniano in Piazza Cavalieri (fondato dallo stesso Granduca Cosimo I), con la fontana del Gobbo, ma anche nella cucina del Palazzo della Carovana, nell’orto dei Cavalieri e nelle stalle dietro al Palazzo. Sono state realizzate poi le ramificazioni del condotto principale con fonti private (monasteri e alcune famiglie) e pubbliche, che vennero poi arricchite con motivi ornamentali e trasformate per lo più in fontane. Le prime erano situate nell’odierna Piazza delle Gondole, in Piazza Santa Caterina (ora Piazza Martiri della Libertà), Piazza Sant’Anna, tutte nel settore Nord della città. Dalla seconda metà del Seicento e poi in particolare per merito dei Lorena, la rete delle fonti private e pubbliche è stata ulteriormente ampliata, portando l’acqua anche nella parte della città a Sud dell’Arno.

LA GESTIONE

L’ente destinatario in forma esclusiva della fornitura idrica era appunto l’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano. Lo provano iscrizioni con lo stemma dell’Ordine. La Fabbrica delle Fonti rimase sotto le dirette dipendenze del Granduca sino al 1626 quando passò all’Ufficio Fiumi e Fossi, che iniziò a vendere l’acqua ad alcuni privati e si occupò delle opere manutentive necessarie al mantenimento della costruzione e della sua funzionalità. Nel 1632 furono necessari interventi di restauro e manutenzione: vennero costruiti contrafforti ai pilastri, pulite le canalette dal calcare, riparati gli schianti. Alcuni archi furono ricostruiti. Nel 1780 il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena, con motu proprio, conservò uno specifico divieto di taglio di piante e dell’aumento delle aree coltivate, e altre restrizioni per tutelare l’intero sistema di presa della Valle delle Fonti.

DECADENZA E DISUSO

Nella prima metà dell’800 la quantità d’acqua non fu più sufficiente, dato l’aumento della popolazione. Con l’Unità d’Italia (1861) il Comune di Pisa divenne responsabile delle acque. In quegli anni si parlava però dell’Acquedotto come di “opera rimarchevole, ma avanzo d’altri tempi.” Nel 1925 fu inaugurato l’acquedotto di Filettole sempre vicino a Pisa che permise di portare l’acqua a tutte le case della città. Durante l’emergenza bellica del 1943, quando quest’ultimo acquedotto venne bombardato, l’acqua di Asciano rimase la principale, se non l’unica fonte, per l’approvvigionamento idrico della città. Il vecchio acquedotto tornò quindi provvidenzialmente in funzione, grazie all’antico Granducato e ai suoi illuminati principi.

L’ATTUALE STATO CRITICO DI CONSERVAZIONE

A quattrocento anni dalla sua costruzione, l’Acquedotto Mediceo versa oggi in uno stato d’avanzato degrado. E’ interrotto in più punti da strade che ne intersecano il tracciato, e diversi archi sono pericolanti. Molte aree sono lasciate abbandonate a se stesse, senza alcun intervento finalizzato ad assicurarne il mantenimento nel tempo, così da risultarne compromessa la stabilità statica in alcuni punti. L’acquedotto non ha subito recentemente nessun intervento complessivo di recupero o manutenzione, ma solo operazioni sporadiche ed emergenziali. Sono stati calcolati nel 2018: 41 archi crollati (4%), 45 demoliti (5%), 42 tamponati (4%) e 27 originali sostituiti da un muro (3%) (Fabio Vasarelli). Non mancano lodevoli iniziative e associazioni locali (Comitato Salviamo l’Acquedotto Mediceo) che cercano di sensibilizzare l’opinione pubblica e gli enti interessati, come sta facendo Italia Nostra da anni. E’ stato inserito più volte tra i Luoghi del cuore della FAI. Un parziale restauro degno di nota è quello effettuato nel 2007 dall’Istituto Tecnico Industriale “Leonardo da Vinci” di Pisa presso il casello idraulico di via Battelli all’interno del progetto “La Scuola Adotta un Monumento”. E’ stata realizzata anche la riqualificazione della zona pedonale del tratto attraversante il quartiere Pratale/Don Bosco. In anni recenti è stato portato a termine il restauro del “Cisternone”, l’elemento di maggiore rilievo architettonico. Una pavimentazione in vetro strutturale consente ai visitatori di ‘passeggiare’ sopra la vasca in pietra ammirando nel contempo un plastico di circa 60 mq. posizionato al suo interno rappresentativo dell’acquedotto mediceo e del suo territorio all’epoca della costruzione dell’opera. E’ in progetto un nuovo attraversamento stradale, passante al di sotto di esso, per la costruzione della variante Aurelia nord, che secondo alcune associazioni di cittadini ed enti naturalistici ne minerebbe ulteriormente la stabilità, procurando anche danni all’ambiente con la consumazione di suolo. Per ridurre i costi dell’attraversamento sotterraneo è stato proposto di “smontare e rimontare tre arcate” da collocare a lato della strada in costruzione. Questa ipotesi è stata duramente criticata perché “il modo migliore per valorizzare un bene storico-artistico è lasciarlo esattamente dove si trova, e semmai restaurarlo e promuovere la sua conoscenza.” Si è quindi pensato di realizzare, in alternativa, una variante della variante che attraversi l’Acquedotto in un punto dove non esiste più, per crolli o abbattimenti, nelle vicinanze di Asciano. Nel 2020 tre milioni e 200mila euro sono stati stanziati dal Mibact per avviare il salvataggio dell’Acquedotto, bene vincolato, con un intervento di consolidamento e restauro dell’intero tracciato.

PERCORSI CICLO PEDONALE

Un fatto molto positivo e incoraggiante è che adesso partendo a piedi o in bicicletta da Pisa possiamo arrivare direttamente ad Asciano percorrendo la pista che corre ai suoi piedi. Dal 2012, infine, è stata inaugurata (su iniziativa lucchese) anche La Via degli Acquedotti ad archi, viaggio a piedi tra Lucca e Pisa, dall’acquedotto Nottolini a quello mediceo, e ritorno. Questi percorsi ad iniziativa privata ne consentono una prima valorizzazione, tuttavia è indispensabile un progetto complessivo per la salvaguardia e il recupero di questo importante bene culturale, in grave pericolo di stabilità, da offrire ai cittadini e ai turisti di ogni parte del mondo.

VAI ALLA SCHEDA COMPLETA https://www.italianostra.org/beni-culturali/acquedotto-mediceo-di-asciano/

ph. Il Cisternone presso la Valle delle Fonti ad Asciano Pisano (PI) – Foto DnaX da Wikimedia https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Cisternone_Valle_delle_Fonti.jpg

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