Italia Nostra

Data: 10 Maggio 2023

Un grande parco fluviale nella terra del cuoio?

E’ possibile pensare a una grande area verde al centro di un territorio altamente industrializzato, un’area che contemperi la biodiversità con spazi destinati all’agricoltura e altri ambienti in cui i cittadini (ma anche visitatori da tutta Italia e da altri paesi europei) possano immergersi in paesaggi naturali o rinaturalizzati aperti a passeggiate ed escursioni con mezzi non invasivi come le biciclette?
 
A mio parere quest’area esiste, o meglio esisterebbe se amministratori coadiuvati da naturalisti e progettisti esperti in architettura ambientale decidessero di pensare in grande per il futuro dei territori compresi tra Valdarno e Valdinievole. Forse la proposta sembrerà meno utopistica se pensiamo che questa terra è sempre stata caratterizzata da un lato da grandi spazi “incolti” (padule di Bientina e di Fucecchio, alture boscose delle Cerbaie), ma dall’altro è rimasta al centro del quadrilatero più urbanizzato e densamente popolato della Toscana (Firenze-Pistoia-Lucca- Pisa). Dunque una terra di città, ma anche di boschi, fiumi e paludi con larga presenza di beni pubblici (della Corona, del Granduca, del Demanio, dei Comuni) di cui restano oggi solo frammenti che potrebbero costituire i semi di un futuro incentrato sui beni comuni. Questa riflessione non è ovviamente un progetto, ma solo un’idea tutta da discutere e sviluppare.
 
In breve. Parto da un intervento fatto nel corso di recenti incontri per discutere il piano strutturale che ha visto accomunati i territori di Fucecchio e San Miniato. Dovendo trovare uno spunto di progettazione unitaria tra due territori confinanti ma piuttosto diversi, ho ripreso una vecchia idea – anzi un titolo – che era stata di mio padre: “Le Cascine di Fucecchio”. Si trattava di iniziare dallo spazio destinato al Palio per allargarsi, da un lato, verso Oriente, dove si trova un’ampia zona utilizzata a fini agricoli ed estesa fino a Pieve a Ripoli, e dall’altro verso Occidente, dove esistono frammenti di un potenziale parco fluviale dell’Arno fino a Santa Croce, che andrebbe ridisegnato e soprattutto mantenuto e “arredato” per garantirne la fruibilità da parte dei cittadini (mi risulta che esistono famiglie fucecchiesi che migrano verso il Parco di Serravalle a Empoli per trovare un ambiente verde e attrezzato per bambini).
 
Non credo che occorrerebbero provvedimenti radicali (tipo espropri o cancellazione di coltivazioni) per fondere questi due ambienti nella continuità di un parco “agrofluviale” (termine che forse nemmeno esiste), cioè un grande spazio verde in cui si alternano seminativi, essenze arboree, alberete prossime all’Arno, sentieri percorribili per trekking con qualche piccola area di sosta. Laddove esistono aree pubbliche più estese gli spazi attrezzati per attività ludiche potrebbero essere più larghi, anche se entro caratteristiche rispettose dell’ambiente e connesse con altre zone progettate a fini analoghi, come l’attesa ciclovia che condurrà da Firenze fino a Pisa costeggiando l’Arno. Questo parco troverebbe un ulteriore punto di forza nel bacino di Roffia, un vero e proprio lago, in parte da rinaturalizzare e curare meglio, senza escludere la presenza di attività sportive come il canottaggio. Resterebbe anche da trovare un agevole collegamento tra il parco fucecchiese e il bacino saminiatese, comunicazione che non dovrebbe essere impossibile realizzare attraverso uno dei due ponti già esistenti.
 
Se volessimo pensare ancora più in grande potremmo progettare una connessione con l’altra grande area acquatica naturale situata al confine tra Valdinievole e Valdarno: il Padule di Fucecchio, la più grande palude interna italiana che da tempo aspetta cure maggiori e più continuative. Sono già migliaia i visitatori che vengono ogni anno da regioni vicine e lontane e anche da altri paesi europei ad ammirare i paesaggi naturali e storici che caratterizzano questo ecosistema di oltre 1800 ettari, con una tale ricchezza di biodiversità da fare invidia ai più decantati “bei paesaggi” del Chianti e della Valdorcia (altro che “acque morte”, a meno che non ci pensi l’uomo a uccidere definitivamente tutte le forme di vita che almeno un tempo pullulavano nei chiari palustri). Senza contare le fattorie, ville, case coloniche, centri storici che circondano questo bacino.
Una pista ciclabile (attenzione, però: progettata con la collaborazione di chi questi luoghi li conosce bene per evitare di danneggiare nidificazioni di uccelli e vegetazioni di pregio) potrebbe essere, insieme ai sentieri pedonali, la via di elezione per le viste intorno al Padule da connettere con il parco “agrofuviale” dell’Arno e con il bacino di Roffia: il risultato complessivo sarebbe quella grande area verde nel mezzo della terra di cuoio da cui siamo partiti. Un’utopia, forse, ma non irrealizzabile se pensiamo più in grande rispetto all’orticello di casa.
 
a cura di Alberto Malvolti (socio e consigliere Italia Nostra M.V.I.)

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